La giornata di un normalissimo ragazzo
di Alessandro Uanetto
Sono Alessandro, un adolescente di Città di Castello che vive ormai da sempre ad Arezzo, e sono un normalissimo ragazzo! Mi alzo alle 6 di mattina con un’immensa voglia di vivere e con una grande passione per il mio letto, così grande che ormai vi ho preso la cittadinanza. Ringrazio mia madre che, svegliandomi ogni mattina, mi dà questa gioia, che però si trasforma in odio quando le chiedo perché mi deve fare questo. Subito poi la mia emozione diventa amore, perché lei mi porta sempre la colazione a letto, con un bel tavolino di legno mezzo scassato. Quando finalmente mi alzo dal letto penso a cosa devo fare, ai programmi per la giornata e anche a tutta l’ansia che mi si accumulerà per le verifiche e interrogazioni, per le quali non ho studiato niente e in cui prenderò 5.
Ma andiamo avanti.
Mi dirigo verso il bagno ancora mezzo addormentato, poi ritorno in camera mia a perdere altri 5 minuti per pensare a come vestirmi. Dopo aver fatto tutte queste cose, con grande tranquillità scendo le scale e con molta calma mi metto le scarpe e il giubbotto, anche se manca un quarto d’ora alle 8 e mia mamma inizia a sclerare dicendo che siamo sempre in ritardo per colpa mia.
Arrivati in macchina possono accadere due cose: o devo ripassare per tutte quelle materie che non ho studiato nei giorni precedenti, oppure accendiamo la radio per ascoltare il “quix-o” di M2O, “dove nulla è ciò che sembra”, con domande totalmente a caso per le quali io e mia mamma facciamo a gara a chi indovina per primo.
Quando puoi ci troviamo davanti a scuola, mi inizia a saltare tutto il sistema nervoso, ed ho bisogno di una bombola di ossigeno per respirare. Scendendo dalla macchina, apro la tasca dello zaino per prendere il badge, cioè una schedina elettronica che serve ad indicare che sei presente a scuola, ma non sempre: infatti in questo modo è più facile “fare chiodo”, cioè saltare la scuola.
Quando puoi entro in classe, capisco che non sono l’unico in ansia e che solo alcuni di noi sono pronti per l’impresa di prendere un 6. Finalmente arriva la materia che preferisco, cioè l’intervallo, dove noi alunni possiamo fare quello che ci pare, persino stare al telefono, cosa che invece non potevi fare alle medie. Durante la giornata scolastica mi distraggo con i miei buffissimi compagni e spero in una supplenza di 2 ore.
Quando esco da scuola, mi attende mio nonno, con la sua Volkswagen vecchia di 30 anni, con cui mi porterà a casa sua, dove mangerò qualcosa di speciale fatto da mia nonna. Da loro guardo un po’ di documentari e faccio i compiti con la TV accesa, distraendomi fino a che non decido di spengerla. Verso le 3 arriva mio papà che mi porta a casa e anche qui ci sono due opzioni: o mi scarica a casa e poi riparte per tornare a lavorare, oppure viene in casa anche lui e si mette a giocare alla Play, mentre io studio come un disperato e faccio i compiti. Quando finisco mi ricordo di avere una madre e la vado a salutare, poi mi metto sul divano a giocare un po’ prima di cenare. Mentre consumiamo il nostro pasto guardiamo insieme il TG5, dove ci sono solo notizie di persone morte, violentate oppure di politica, di cui però ci capisco qualcosa, del tipo che quelli dei Cinque stelle fanno bene a passare alla Lega.
Dopo cena finisco di guardare la TV e vado immediatamente a studiare 20 dizionari, 15 enciclopedie, 9 esperimenti e tre temi, anche se mi dico che tanto non ce la farò, quindi smetto. Torno dai miei genitori e guardiamo le Iene o un film. Se posso, io scelgo un horror oppure una commedia straniera, perché io odio quelle italiane. Mio padre invece sceglie sempre commedie esclusivamente italiane. Finito il film, verso le 11 di sera andiamo a letto, anche se per una mezz’oretta sto al telefono. Mi addormento e la giornata finisce.
Tutto ciò che ho detto sul mio studio l’ho scritto per far scena.