OSTEOPOROSI: LE NUOVE CURE MEDICHE
Sicuramente tutti noi conosciamo la malattia dell’osteoporosi, almeno per sentito dire. La cura di questa patologia ha visto, negli ultimi anni, un notevole sviluppo e le recenti ricerche sembrano aver contribuito in maniera determinante per lo sviluppo di una terapia più efficiente. Dobbiamo, però, prima chiarire che cosa sia l’osteoporosi. Questa malattia causa il deterioramento del tessuto osseo dell’organismo con conseguente riduzione della massa ossea compromettendo, ovviamente, la funzionalità del sistema scheletrico e predisponendolo, data la fragilità ossea, a fratture.
L’incidenza della patologia, in Italia, risulta coinvolgere il 4,7% della popolazione della quale il 23% rappresenta le donne oltre i quarant’anni e il 14% gli uomini oltre i sessant’anni. I dati epidemiologici ci fanno, dunque, supporre che, dato il fatto che la maggiore incidenza è stata riscontrata nelle donne, l’insorgenza della patologia possa essere correlata al calo di estrogeni (ormoni femminili) a seguito dell’arrivo della menopausa. Altri fattori che possono predisporre alla contrazione alla malattia sono l’uso di alcolici, il fumo, l’età avanzata, un ridotto apporto di calcio e vitamina D.
La terapia si basa sia sulla somministrazione di farmaci sia agendo sullo stile di vite condotto dal paziente. In particolare si consiglia l’esposizione al sole (utile per consentire alla cute di sintetizzare la vitamina D), la pratica di esercizio fisico quando possibile, la regolare assunzione di calcio e la somministrazione di particolari medicine, tra i quali i bifosfonati, come il Fosamax che, inibendo l’attività degli osteoclasti (le cellule del tessuto osseo impiegate nel processo del riassorbimento osseo), fanno guadagnare tempo agli osteoblasti che, apponendo nuovo osso, contengono e limitano il progresso della malattia. La diagnosi della malattia viene solitamente effettuata attraverso lo studio dell’anamnesi del paziente e l’utilizzo di alcune particolari tecniche strumentali come la mineralometria ossea computerizzata (MOC) che evidenzia lo stato di mineralizzazione delle ossa.
Talvolta la malattia si sviluppa come effetto secondario di altre patologie, soprattutto neoplastiche. L’osteosarcoma, il cancro della mammella o di altri tessuti possono determinare il rilascio di un particolare composto chimico che è noto come “fattore di attivazione degli osteoclasti” e che provoca l’incremento sia numerico che funzionale degli osteoclasti con eventuale sviluppo di una grave osteoporosi.
Come fare, dunque, a prevenire la malattia? La prevenzione non è difficile: prima di arrivare alla malattia vera e propria c’è una fase normalmente abbastanza lunga nella quale è possibile intervenire in modo leggero ed efficace: vitamina D ed integratori accompagnati da un appropriato stile di vita. In ogni caso occorre una visita dal proprio medico che dovrà fare una valutazione generale e indicare eventuali cambiamenti nello stile di vita, la necessità di farmaci o integratori, oppure di esami specifici. Oggi esistono sistemi in grado di valutare il rischio di frattura con un algoritmo (metodo FRAX o metodo DEFRAX) che tiene conto di densità ossea, familiarità, assunzione precedente di farmaci e di residui nello scheletro (per esempio il cortisone), la presenza di fratture e malattie precedenti o in corso (come l’artrite reumatoide).
Emanuele Basile